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Santi del 26 Aprile

Il mio Santo > I Santi di Aprile

*Santi 38 Martiri Mercedari di Auterive (26 Aprile)

+ Auterive, Francia, 1570
Nel convento di Sant’Eulalia di Auterive in Francia, 38 Santi Mercedari furono uccisi con crudeli torture dagli Ugonotti e confessarono con il loro sangue la verità della fede cattolica unendosi alla corona dei martiri di Cristo nell’anno 1570.
L’Ordine li festeggia il 26 aprile.  

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi 38 Martiri Mercedari di Auterive, pregate per noi.

*Beata Alda (Aldobrandesca) da Siena - Vedova (26 Aprile)

Siena, 28 febbraio 1245 - Siena, 26 aprile 1309
Etimologia:
Alda = estremamente bella, dal celtico
Nacque il 28 febbraio 1245 dal nobile Pietro Francesco Ponzi e da Agnese Bulgarini, alla quale Dio aveva mostrato in sogno di aver scelto la nascitura per sé; dopo essere stata educata e istruita
con ogni cura, fu data in sposa al concittadino Bindo Bellanti, uomo «virtutibus ornatissimus», dal quale, però, non ebbe figli.
Dopo la morte prematura del marito, Alda vestì l'abito del Terz'Ordine degli Umiliati e si diede, ancor più di prima, a far vita penitente nella solitudine di una sua piccola proprietà, dove operò miracoli ed ebbe estasi e visioni.
Passò gli ultimi anni nell'ospedale di Sant'Andrea, che in seguito fu detto di S. Onofrio, dedicandosi tutta al servizio dei poveri, degli infermi e dei pellegrini.
Alda morì il 26 aprile 1309 e fu sepolta nella chiesa di San Tommaso in Siena, appartenente agli Umiliati.   
Le sue ossa nel 1489 furono levate da terra e poste in una parete a lato di un altare, da dove nel 1583 furono trasferite.  Il suo culto, oltre che a Siena e in altre città, ebbe molta diffusione nell'Ordine degli Umiliati.  

(Autore: Pietro Burchi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Alda (Aldobrandesca) da Siena, pregate per noi.

*San Basileo di Amasea - Vescovo (26 Aprile)

+ Nicomedia, 322 circa
Martirologio Romano: Ad Amasea nel Ponto, San Basiléo, vescovo e martire sotto l’imperatore Licinio.
Al principio del IV secolo Basileo fu nominato vescovo di Amasea e partecipò nel 314 ai concili di Ancira e di Neocesarea.
Secondo una “passio” alquanto leggendaria, Basilio avrebbe dato rifugio ad una giovane cristiana di nome Glafira, domestica della moglie dell’imperatore Licinio e da questi desiderata.
L’imperatore, venuto a conoscenza dell'interferenza esercitata da Basileo, lo fece condurre presso di sé a Nicomedia e lo condannò a morte per decapitazione.
La testa ed il corpo del Santo, gettati separatamente in mare, vennero fortuitamente rinvenuti presso Sinopo da alcuni pescatori che li trasportarono ad Amasea.
Il martirio del Santo sarebbe collocabile verso il 322, durante la persecuzione anticristiana perpetrata dall’imperatore Licinio.

(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Basileo di Amasea, pregate per noi.

*San Cleto (Anacleto) - 3° Papa (26 Aprile)
m. 88
Terzo Papa dopo Pietro e Lino, Anacleto ebbe un singolare destino: sdoppiato in due persone
distinte, Cleto e Anacleto, aveva due feste diverse nel Martirologio Romano, una quella odierna, l'altra il 13 luglio.
L'errore sembra sia dovuto a un antico copista che stilando una lista dei papi inserì entrambi i nomi. Cleto in realtà è solo un abbreviativo. Studi moderni, poi, hanno chiarito l'equivoco.
Sulla base degli studi del Duchesne, infatti, l'orientamento attuale è che Anacleto e Cleto siano una sola persona: perciò la Congregazione dei riti nel 1960 abolì la festa del 13 luglio, lasciando solo quella del 26 aprile. Pochi i dati biografici di questo pontefice (ritratto qui a alto con il Pallio nella forma antica, la stessa usata domenica da Benedetto XVI durante la Messa di inizio pontificato).
Di origine ateniese, fu papa dal 79 al 90, e si rese benemerito per aver edificato una «memoria», un sepolcro a san Pietro, presso il quale fu poi sepolto egli stesso.
Altro personaggio con cui in passato si è confuso Anacleto è anche Marcellino, che però fu papa quasi due secoli più tardi e il cui martirio sembra fu aggiunto per motivi apologetici. (Avvenire)

Etimologia: Anacleto = invocato, chiamato, dal greco
Martirologio Romano: A Roma, commemorazione di san Cleto, Papa, che resse la Chiesa di Roma per secondo dopo l’apostolo Pietro.
Ma sono uno o due? A lungo si è pensato a due papi distinti, nei primi secoli: Anacleto e Cleto. Poi è risultato che il secondo nome è solo un’abbreviazione familiare del primo. Ed esso, infatti, è ora registrato nella successione cronologica dei capi della Chiesa di Roma: Anacleto è il terzo,
dopo Pietro e Lino (e pare che con Lino sia stato da giovane un collaboratore dell’Apostolo).
Terzo, dunque, nella serie dei papi, e primo come romano, dopo il Pescatore di Galilea e il toscano Lino. Ma ci sono incertezze anche qui: forse la famiglia di Anacleto (nome chiaramente ellenico) era di origine ateniese.
Memorie assai antiche attribuiscono a lui la costruzione di una edicola sepolcrale, detta “memoria”, sul luogo della sepoltura di Pietro negli Orti vaticani: un territorio allora appartenente al demanio imperiale e formato da horti (giardini), da campi e da terreni incolti.
Ad Anacleto si attribuisce anche la disposizione che vietava agli uomini di Chiesa di andare in giro con i capelli lunghi: un primo esempio di “tonsura ecclesiastica”.
Il suo pontificato si svolge per alcuni anni in pace, sotto l’imperatore Vespasiano (che regna dall’anno 69 al 79) e sotto il suo primo figlio Tito (7981).
Al tempo di quest’ultimo, l’Italia conosce una delle più tremende sciagure della sua storia: la micidiale eruzione del Vesuvio nell’agosto 79, che distrugge Ercolano e Pompei. E poco dopo Roma vede sorgere il monumentale edificio destinato a diventare il suo emblema: l’Anfiteatro Flavio per i giochi pubblici, sede di lotte mortali tra gladiatori e di supplizi per i cristiani; il Colosseo, che dopo 19 secoli accoglierà ogni anno i successori di Pietro, di Lino e di Anacleto in
preghiera nella Settimana Santa.
Finisce presto il regno di Tito, e con l’arrivo di suo fratello Domiziano giunge pure la persecuzione. Ma non solo contro i cristiani.
Anzi, le sue prime vittime sono gli ebrei, forzati a versare allo Stato il tributo dovuto al Tempio di Gerusalemme (distrutto da Tito).
Una persecuzione per ragioni di bilancio, perché le grandi opere pubbliche hanno dissanguato le finanze imperiali; anche gli ebreocristiani devono pagare.
Poi la persecuzione va a colpire i cristiani in genere, e non solo con sequestri e confische: contro di loro si lancia l’accusa di “ateismo” (ossia rifiuto di adorare le divinità romane tradizionali, “di Stato”).
E quest’accusa comporta la pena capitale.
Non sappiamo come sia morto Papa Anacleto. La persecuzione di Diocleziano ha infierito sui cristiani ancora dopo la sua scomparsa. Pure il luogo della sua sepoltura ci è sconosciuto, anche se si ritiene che sia nella zona degli Orti vaticani.  

(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Cleto, pregate per noi

*Beati Domenico e Gregorio - Domenicani (26 Aprile)

sec. XIII
Martirologio Romano:
In Aragona, in Spagna, Beati Domenico e Gregorio, Sacerdoti dell’Ordine dei Predicatori, che, viaggiando insieme senza oro né argento e mendicando ogni giorno il cibo, annunciavano a tutti la parola di Dio.

Beati Domenico e Gregorio

Mentre rimangono testimonianze certe sul culto coevo verso questi due domenicani, ben poco sappiamo della loro vita. Non conosciamo né la data di nascita né quella di morte.
Il Lumen domus del convento domenicano di Saragozza li fa risalire al secolo d'oro dell'Ordine e li dice figli di quel convento. Con esso convengono, più o meno, il breviario domenicano, secondo il quale «circa finem saeculi decimi tertii floruere», il cappuccino J. Corella che pone la loro vita al principio del sec. XIV, e le relazioni dei periti sull'antichità delle immagini e delle nicchie contenenti le urne, che risalgono al sec. XIV-XV.
Il Corella dice che «dall'anno 1300 all'anno della peste universale del 1348 percorsero il regno della corona di Aragona, predicando la penitenza ai fedeli, senza lasciar luogo, per scabroso o incolto che fosse. Salirono allora a predicare nel contado di Ribagorza i venerabili padri Domenico e Gregorio, uomini santi e apostolici, a cui la tirannia del tempo, con l'antichità di 360 e più anni, portò via i cognomi».
Un giorno, mentre si recavano da Besians a Perarrua, si levò una terribile tempesta: rifugiatisi sotto una rupe ne rimasero travolti essendosi questa staccata dal monte per la violenza dell'uragano. I loro corpi, venuti prodigiosamente alla luce, furono trasportati e tumulati nella chiesa di Besians.
A Besians, Perarrua e Ribagorza, soprattutto, si cominciò a venerarli come santi e a farne solenne commemorazione il 25 aprile, in occasione delle litanie maggiori, e il 4 agosto, perché le loro urne stavano ai lati dell'altare di San Domenico nella chiesa di Besians.
Dagli atti del processo risulta che il vescovo di Barbastro nel 1624 fece la visita al loro sepolcro e che il 19 novembre 1698 venne compiuta la solenne traslazione dei loro corpi.
Il processo, iniziato nel 1835 nella diocesi di Barbastro e nella provincia domenicana di Aragona, fu portato a Roma nel 1842.
Pio IX approvò il culto ab immemorabili il 17 agosto 1854 e nel 1855 concesse all'Ordine di poterne celebrare la Messa e l'Ufficio il 26 aprile.

(Autore: Sadoc M. Bertucci - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Domenico e Gregorio, pregate per noi.

*Beato Giulio (Julio) Junyer Padern - Sacerdote Salesiano e Martire (26 aprile)
Scheda del Gruppo cui appartiene il Beato  Giulio (Julio) Junyer Padern:
“Beati Martiri Spagnoli Salesiani di Valencia”

Villamaniscle, Spagna, 30 ottobre 1892 – Montjuic, Spagna, 26 aprile 1938
Il sacerdote salesiano spagnolo Julio Junyer Padern era nato in Villamaniscle (nella Gerona) il 30 ottobre 1892, ed entrò sin da piccolo in una delle case di Don Bosco. Passò a Campello (Alicante) e Carabanchel (Madrid), facendo la sua professione come salesiano nel 1912.
Lavorò poi a Baracaldo (Vizcaya) e Campello, prima di essere ordinato sacerdote nel 1921. Si dedicò sempre alla formazione dei giovani salesiani. Amava la musica e la letteratura.
Iniziata la guerra civile, si nascose a Gerona, da dove organizzò spedizioni attraverso la frontiera francese per salvare i giovani salesiani. Ad un certo punto fu arrestato e giudicato nel tribunale
per spionaggio ed alto tradimento e condannato a morte. Dopo aver dato un grande esempio di fede nella prigione di Barcellona, venne fucilato il 26 aprile 1938. (Avvenire)
Martirologio Romano: Nel villaggio di Montjuic vicino a Gerona sempre in Spagna, Beato Giulio Junyer Padern, sacerdote della Società Salesiana e martire, che, durante la persecuzione contro la fede, meritò di conseguire mediante il martirio la gloria della vita eterna.
Nato in Villamaniscle (Gerona) il 30 ottobre 1892, entrò da piccolo in una delle nostre case. Passò a Campello (Alicante) e Carabanchel (Madrid), facendo la sua professione come salesiano nel 1912.
Lavorò poi a Baracaldo (Vizcaya)e Campello, prima di essere ordinato sacerdote nel 1921. Si dedicò sempre alla formazione dei giovani salesiani. Amava la musica e la letteratura.
Iniziata la guerra civile, si nascose a Gerona, da dove organizzò spedizioni attraverso la frontiera francese per salvaregiovani salesiani. Ad un certo punto fu arrestato e giudicato nel Tribunaleperspionaggioedaltotradimento e condannato a morte.
Dopo aver dato un grande esempio di cameratismo nel Carcere Modello di Barcellona, venne fucilato il 26 aprile 1938.

(Fonte: www.sdb.org)
Giaculatoria - Beato Giulio Junyer Padern, pregate per noi.

*Santi Guglielmo e Pellegrino - Eremiti, Venerati a Foggia (26 Aprile)
XII sec.

Martirologio Romano: A Foggia, Santi Guglielmo e Pellegrino, eremiti.
Esiste una Vita di Guglielmo e Pellegrino breve, mutila, priva di dati cronologici.
Secondo questo racconto, Guglielmo di Antiochia di Siria si portò in pellegrinaggio a Gerusalemme insieme col figlio Pellegrino che rimase nella città per assistere i malati nell'ospedale.
In seguito il padre, che era venuto a cercarlo, cadde malato e fu accolto nell'ospedale dove era Pellegrino guarito, ambedue tornarono ad Antiochia dove vendettero i loro beni e insieme raggiunsero il territorio di Foggia dove vissero come eremiti.
Dopo la morte furono venerati come patroni della città e nel 1630 fu fatta una ricognizione delle reliquie.
Sarebbero vissuti nel secolo XII, se l'iscrizione riportata in Acta SS. Aprilis fosse autentica.
Il nome Guglielmo è di origine germanica, quindi è probabile che i due santi siano nati dopo il 1100 quando Antiochia fu occupata dai Latini.

(Autore: Filippo Caraffa – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Guglielmo e Pellegrino, pregate per noi.

*Beato Ladislao (Wladyslaw) Goral - Vescovo e Martire (26 Aprile)

Scheda del Gruppo cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Stoczek, Polonia, 1° maggio 1898 – Sachsenhausen, Germania, aprile 1945

Wladyslaw Goral, vescovo ausiliare di Lublin, cadde vittima dei nazisti in odio alla sua fede cristiana.
Papa Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 lo elevò agli onori degli altari con ben altre 107 vittime della medesima persecuzione.
Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Sachsenhausen in Germania, Beato Stanislao Kubista, sacerdote della Società del Verbo Divino e martire, che, durante l’occupazione militare della Polonia in tempo di guerra da parte di un regime nemico di Dio, in questo carcere esalò il suo spirito tra atroci torture.
Insieme a lui si commemora il Beato Ladislao Goral, vescovo ausiliare di Lublino, che nello stesso luogo e durante la medesima persecuzione difese con coraggio la dignità umana e della fede, morendo in prigione di malattia in un giorno sconosciuto.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ladislao Goral, pregate per noi.

*San Marcellino - Papa (26 Aprile)

m. 304
(Papa dal 30/06/296 al 25/10/304)
Marcellino governò la Chiesa tra il III e il IV secolo per otto anni e morì verso i 305, durante la terribile persecuzione di Diocleziano. Fu sepolto nel cimitero di Priscilla, presso il martire Crescenzione.
Etimologia: Marcellino, diminutivo di Marco = nato in marzo, sacro a Marte, dal latino.
Nato a Roma, figlio di "Proietto". Nella liturgia cattolica fu sempre ricordato come una persona molto devota, pia e casta.
La figura di Marcellino fu ampiamente lodata da sant'Agostino, anche se cronologicamente molto postuma (nda: questo però sta a significare una continua tramandazione degli atti, delle tradizioni
di culto e soprattutto della continuità sia di fede che del potere temporale intrinseco al movimento cristiano.)
Sempre secondo la tradizione, Marcellino fu incoronato "rex cristianorum" e vescovo di Roma il 30 giugno 296.
Gli inizi del suo pontificato furono gratificati dalla "pax" instaurata con l'imperatore dal suo predecessore Caio Marcellino potè dedicarsi alla comunità nella sua interezza avendo soprattutto cura delle famiglie più bisognose.
Indirizzò l'ecumenismo ed il proselitismo cristiano verso quegli approdi dettati dalla fede.
Nel mentre la questione politica imperiale stava assumendo una connotazione diversa dal punto di vista politico.
Diocleziano materialmente impossibilitato a governare l'impero per come era stato conquistato, attraverso il senato fu stabilita una "tretarchia" per la quale, gli aggravi di governo furono suddivisi in tre diverse funzioni di governo.
Diocleziano a capo dell'impero d'oriente, Galerio governatore di Roma e Massimiano governatore dell' impero nord occidentale.
Fu il tetrarca Galerio, anticristiano per antonomasia, ad iniziare la cosiddetta "nona persecuzione" anticristiana, con la scusa dell'invadenza cristiana sulle terre imperiali. Dopo l'incontro a Nicomedia (nda: cittadina situata nel mar di Marmara, nella ex provincia romana di Bitinia- odierna Izmit), Galerio riuscì a convincere Diocleziano a ritornare al paganesimo e perseguire tutti i dissidenti.
Il 23 febbraio 303 fu incendiata la chiesa di Nicomedia. I cristiani, in risposta incendiarono il palazzo imperiale ed in conseguenza il pugno di ferro.
Le milizie romane distrussero quasi tutto. I beni confiscati e migliaia di persone furono condannate a morte. Fu addirittura massacrata l'intera "legione tebea", formata esclusivamente da cristiani (nda: si pensi che all'epoca non vi erano miliardi di individui, ma solo poche centinaia di migliaia, nel mondo c
onosciuto).
Marcellino fu decapitato per ordine dello stesso imperatore Diocleziano, il 25 ottobre 304 e le sue spoglie deposte nel cimitero di Priscilla.
(Autore: Franco Prevato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Marcellino, pregate per noi.

*San Pascasio Radberto - Abate di Corbie (26 Aprile)
Soissons (Francia), ca. 790 - Corbie (Francia), 26 aprile 860
«Figlio di nessuno», viene raccolto e cresciuto dalle monache di Soissons. Divenuto religioso e abate di Corbie, ha lasciato numerose opere ascetiche e teologiche.
Martirologio Romano: Nel monastero di Corbie sempre in Neustria, San Pascasio Radberto, abate, che espose con lucidità e chiarezza la dottrina del vero Corpo e Sangue del Signore nel mistero dell’Eucaristia.
É un “figlio di nessuno”, abbandonato fin dalla nascita. Raccolto e allevato dalle monache benedettine di Soissons, studia poi nel monastero maschile della stessa città. Radberto è il suo
nome tedesco di battesimo; più tardi egli prende anche quello romano di Pascasio, come è consuetudine fare al tempo suo tra i letterati. Riceve anche la tonsura, entrando così nel ceto ecclesiastico (senza gli Ordini, al momento), anche se per qualche tempo è famoso a Soissons piuttosto come viveur, tra brigate di gaudenti.
Ma a 22 anni, eccolo nel severo monastero benedettino di Corbie, presso Amiens, che ha per abate un futuro Santo, Adalardo. Guidato da lui, Radberto riprende gli studi: il brillante letterato diviene anche maestro di teologia, commentatore della Scrittura e dei Padri della Chiesa. Accompagna Adalardo in Sassonia dove egli fonda un monastero “gemello” di Corbie. Poi, sempre a Corbie, diventa prima direttore degli studi e infine abate.
I monaci lo eleggono sebbene non sia sacerdote; e per modestia non lo diventerà mai, fermandosi al diaconato. Ma è duro far l’abate a Corbie. Le contese dottrinali dividono i monaci.
E questo è grave, ma anche naturale, fisiologico; e c’è vera passione tra le parti in contesa. Più gravi sono invece le inframmettenze del potere regio, che fa regali ai monasteri ma poi esige il tornaconto. Il re di Francia, Carlo il Calvo, vuole obbligare Radberto a riaccogliere nel monastero un suo cugino, già buttato fuori per indegnità. Radberto rifiuta e se ne va: via dalla carica, via da Corbie. È l’anno 851.
I monaci poi lo richiamano e lui torna. Ma a patto di non avere più cariche e gradi. Ha partecipato a concili, trattato con sovrani, predicato in missione, ma ora vuole essere monaco e basta. Preghiera e studio, fino all’ultimo giorno. Scrive trattati di teologia eucaristica, studi su Maria Madre di Gesù, vite di santi, commenti a testi biblici. E tra questi ultimi, il più ampio, quello dedicato al vangelo di Matteo, verrà citato ancora nel XX secolo dal Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Chiesa, Lumen gentium.
Ormai vicino alla morte, chiede ai monaci di non pensare a commemorazioni, a racconti della sua vita: "Non merito di essere ricordato, dimenticatemi".
E si fa seppellire nel reparto dei poveri e dei servitori del monastero. Nel 1058, però, il corpo viene accolto dalla chiesa abbaziale con gli onori riservati ai santi, e si stabilisce al 26 aprile la sua festa annuale. Sfuggiti
nel XVIII secolo alle devastazioni della Rivoluzione francese, i resti saranno deposti nella chiesa parrocchiale di Corbie, dove si trovano tuttora.
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pascasio Radberto, pregate per noi.

*San Primitivo - Martire (26 Aprile)

Martirologio Romano: Nel territorio di Gabi al trentesimo miglio della via Prenestina, San Primitivo, martire.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Primitivo, pregate per noi.

*San Raffaele Arnaiz Baron - Religioso Trappista (26 Aprile)  
Burgos, Spagna, 9 aprile 1911 – Duenas, Spagna, 26 aprile 1938
Nel monastero di Sant’Isidoro di Duenas il beato spagnolo Raffaele Arnàiz Baròn, fratello dell’Ordine dei Cistercensi Riformati o di Stretta Osservanza, colpito ancora novizio da grave malattia, sopportò con grande pazienza l’infermità, confidando sempre nel Signore. Giovanni Paolo II lo beatificò il 27 settembre 1992. Benedetto XVI lo ha canonizzato in Piazza San Pietro l'11 ottobre 2009.
Martirologio Romano: Nel monastero di Sant’Isidoro di Dueñas in Spagna, beato Raffaele Arnáiz Barón, religioso dell’Ordine Cistercense, che, colpito ancora novizio da una grave malattia, con strenua pazienza sopportò la malferma salute confidando sempre in Dio.
C’è uno zio, particolarmente devoto e illuminato, sulla strada dello spagnolo Raffaele Arnaiz Baròn verso la Trappa. Non è che i suoi genitori non siano buoni cristiani, anzi: papà, ingegnere forestale
di Burgos, e mamma, devotissima e dalla messa quotidiana, sono ricchi tanto di beni e di proprietà terriere quanto di fede viva e profonda. Ma è a zio Leopoldo, duca di Maqueda, che Raffaele apre il suo cuore.
Nato nel 1911, è un giovane esuberante, pieno di vita, intelligente e brillante negli studi, avviato ad una promettente carriera. In lui però si scorgono anche, chiari ed evidenti, i segni di una religiosità profonda, di una fede viva, di un forte desiderio di interiorità; è un ragazzo dalla comunione quotidiana, dalla prolungata adorazione eucaristica, dalla penitenza e dalla mortificazione ormai abituali. Ha imparato anche ad esercitarsi nella carità, cominciando da quelli a lui più prossimi, cioè le persone di servizio, per estendersi poi ai tanti bisognosi che sua mamma già soccorre ed agli altri che lui va a scovare.
Leggendo la biografia di un trappista francese che lo zio ha fatto pubblicare e facendo a 21 anni gli esercizi spirituali in una trappa, comincia a sentirsi irresistibilmente attratto verso questa vita di silenzio, preghiera e austerità. E’ naturalmente zio Leopoldo il primo ad essere messo al corrente della sua decisione di entrare nella Trappa ed il primo a gioirne, anche se poi la gioia si estende a tutta la famiglia, che pure avrebbe desiderato vederlo prima laureato.
A metà febbraio 1934 Raffaele entra come novizio nella Trappa di San Isidro di Duenas. Pieno di salute e di vitalità come sempre, scrive a casa di essere convinto che “Dio ha fatto la Trappa per me e me per la Trappa”; confida a papà che quando è nel coro con i confratelli “possono passare ore e ore senza che me ne accorga”; confessa candidamente a mamma di provare i morsi della fame, del freddo e del sonno, ma di non essersi “mai alzato da tavola così contento come in quei venerdì di quaresima in cui non abbiamo mangiato che pane ed acqua”. Eppure, incredibile a dirsi, in quel ragazzone che scoppia di salute si verifica il crollo della salute in meno di un mese. Arriva il diabete mellito a minare il suo fisico forte e in appena otto giorni perde 24 chili di peso.
Lo rimandano a casa, malgrado la sua disperazione, dove si riprende in fretta, tanto da poter tornare nella Trappa, ma ormai le sue condizioni di salute sono incompatibili con la vita monastica.
Chiede allora di essere accolto come semplice “oblato”, abitando a fasi alterne nell’infermeria come ospite (difatti papà pagherà per lui una pensione giornaliera), con l’unica ambizione di “vivere la mia vita di infermo nella Trappa con il sorriso sulle labbra”, pienamente convinto che “il mio centro non è la Trappa, né il mondo, né alcuna creatura, ma solo Dio, Dio crocifisso”, offrendo e soffrendo da “oblato infermo e inutile..per i peccati dei miei fratelli, per i sacerdoti, i missionari, per le necessità della chiesa, per i peccati del mondo”.
Arso dalla febbre, divorato da un tormentoso senso di fame e di sete, fra Raffaele muore il 26 aprile 1938, ad appena 27 anni, dopo 19 mesi e 12 giorni di permanenza nella Trappa.
Giovanni Paolo II° lo ha beatificato nel 1992 e i tanti scritti spirituali che ha lasciato fanno oggi di lui uno dei più grandi mistici del XX secolo.

(Autore: Gianpiero Pettiti - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Raffaele Arnaiz Baron, pregate per noi.

*Beato Ramòn Oromì Sullà - Sacerdote e Martire (26 Aprile)  
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli Figli della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe"
Senza data (Celebrazioni singole)
"Beati 522 Martiri Spagnoli" Beatificati nel 2013 - Senza data (Celebrazioni singole)
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Sacerdote, consulente per molti anni e anche segretario generale dell'Istituto. È stato direttore dell'Associazione della Sacra Famiglia della rivista Sacra Famiglia. Autore della prima biografia di San Giuseoppe Manyanet e altri scritti.
Ha dedicato molti anni alla formazione scientifica e religiosa dei giovani. Predicatore zelante e propagatore delle glorie della Sacra Famiglia a favore delle famiglie.
La rivoluzione lo ha sorpreso a Balneario de Vallfogona de Riucorp, ma da qui si rifugia a Barcellona.
Qui il 26 aprile 1937 firma una dichiarazione confessando la sua identità sacerdotale. Deportato a Sant’Elia è poi ucciso Moncada, il 26 aprile 1937.
I suoi resti sono stati gettati nella fossa comune.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Ramòn Oromì Sullà, pregate per noi.

*San Ricario di Celles - Sacerdote (26 Aprile)

+ Foresta di Crécy, Francia, 26 aprile 645 circa
San Ricario, in francese saint Riquier, nacque a Celles, nei pressi di Amiens, nella Francia settentrionale. A quel tempo tale zona era ancora prevalentemente pagana ed egli fu istruito nella fede cristiana da due missionari irlandesi, che era riuscito miracolosamente a salvare dalla ferocia omicida del popolo.
Divenne sacerdote e intraprese con successo una campagna missionaria. In seguito si trasferì in Inghilterra per espandere il raggio d'azione della sua opera di evangelizzazione, ma soprattutto per riscattare e rimpatriare alcuni prigionieri.
Secondo alcune leggende, il Santo fondò anche un'abbazia nel suo paese natale sullo stile monastico di San Colombano.
Ciò risulta però storicamente poco credibile e pare dunque più probabile che abbia fondato solo una chiesa, attorno alla quale in un'epoca successiva si sviluppo poi l'abbazia.
Invecchiando intraprese una vita solitaria, ritirandosi nella foresta di Crécy: qui fondò una comunità monastica, ove trascorse il resto dei suoi giorni. Morì il 26 aprile di un anno imprecisato, che la tradizione identifica con il 645. (Avvenire)

Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Nell’eremo della selva di Crecy presso Amiens nel territorio della Neustria in Francia, San Ricario, sacerdote, che, mosso dalla predicazione dei monaci scozzesi, si convertì a una vita di penitenza.
San Ricario, in francese Saint-Riquier, nacque a Celles, nei pressi di Amiens, nella Francia settentrionale. A quel tempo tale zona era ancora prevalentemente pagana ed egli fu istruito
nella fede cristiana da due missionari irlandesi, che era riuscito miracolosamente a salvare dalla ferocia omicida del popolo.
Divenne sacerdote ed intraprese con successo una campagna missionaria. In seguito si trasferì in Inghilterra per espandere il raggio d’azione della sua opera di evangelizzazione, ma soprattutto per riscattare e rimpatriare alcuni prigionieri. La sua fama di santità si diffuse, finchè giunse all’attenzione anche del re Dagoberto I, cha pensò di fargli visita. Ricario lo ammonì allora così: “Colui che deve obbedire, renderà conto a Dio solo di se stesso, ma colui che comanda dovrà rispondere anche per tutti coloro che gli sono soggetti”.
Secondo alcune leggende, il Santo fondò anche un’abbazia nel suo paese natale sullo stile monastico di San Colombano.
Ciò risulta però storicamente poco credibile e pare dunque più probabile che abbia fondatoselo una chiesa, attorno alla quale in un’epoca successiva si sviluppo poi l’abbazia.
Invecchiando desiderò intraprendere una vita solitaria, per cui si ritirò in eremitaggio nella foresta di Crécy: qui fondò una comunità monastica, ove trascorse il resto dei suoi giorni. Morì il 26 aprile di un anno imprecisato, ma tradizionalmente considerato il 645.
Il suo compagno Sigobardo scrisse la sua prima “Vita”. Il monastero di Forestmountier, edificato nei pressi di Crécy nel luogo dove si trovava la cella del Santo, venne in seguito accorpato a quello di Celles e rinominato Saint-Riquier.
Quando Carlo Magno decise di trascorrervi la Pasqua, il dotto Alcuino suo accompagnatore scrisse una “Vita” di Ricario in latino elegante, assai meritevole per un santo così importante, “secondo solo agli apostoli per i miracoli che operava”.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Ricario di Celles, pregate per noi.

*Beato Stanislaw Kubista e Compagni - Martiri (26 Aprile)

Scheda del Gruppo cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Alta Slesia (allora Prussia), 27 settembre 1898 - Sachsenhausen, Germania, 26 aprile 1940
«La tua vita non vale più niente». Pronunciando queste parole sprezzanti un nazista soffocò il già agonizzante sacerdote verbita polacco Stanislaw Kubista nel lager di Sachsenhausen. Era il 26 aprile 1940. Nato in Alta Slesia (allora Prussia), nel 1898, Kubista era divenuto prete nel 1927.
Le sue attività di apostolato principali furono la letteratura e il giornalismo sulle riviste «Il piccolo missionario», «Il tesoro familiare» e «Il Messaggero di san Giuseppe», Santo di cui era molto devoto. (Avvenire)

Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Sachsenhausen in Germania, Beato Stanislao Kubista, sacerdote della Società del Verbo Divino e martire, che, durante l’occupazione militare della Polonia in tempo di guerra da parte di un regime nemico di Dio, in questo carcere esalò il suo spirito tra atroci torture.
Insieme a lui si commemora il beato Ladislao Goral, vescovo ausiliare di Lublino, che nello stesso luogo e durante la medesima persecuzione difese con coraggio la dignità umana e della fede, morendo in prigione di malattia in un giorno sconosciuto.
Papa Giovanni Paolo II ha beatificato il 13 giugno 1999 a Varsavia, durante il suo settimo viaggio
apostolico in Polonia, 108 martiri vittime della persecuzione contro la Chiesa polacca, scaturita durante l’occupazione nazista tedesca, dal 1939 al 1945.
L’odio razziale operato dal nazismo, provocò più di cinque milioni di vittime tra la popolazione civile polacca, fra cui molti religiosi, sacerdoti, vescovi e laici impegnati cattolici.
Fra tutti si è potuto, in base alle notizie raccolte ed alle testimonianze, istruire vari processi per la beatificazione di 108 martiri, il primo processo fu aperto il 26 gennaio 1992 dal vescovo di Wloclawek, dove il maggior numero delle vittime subì il martirio; in questo processo confluirono poi altri e il numero dei Servi di Dio, inizialmente di 92 arrivò man mano a 108.
Diamo qualche notizia numerica di essi, non potendo riportare in questa scheda tutti i 108 nomi. Il numeroso gruppo di martiri è composto da quattro gruppi principali, distinti secondo gli stati di vita: vescovi, clero diocesano, famiglie religiose maschili e femminili e laici; appartennero a 18 diocesi, all’Ordinariato Militare ed a 22 Famiglie religiose.
Tre sono vescovi, 52 sono sacerdoti diocesani, 3 seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 religiose, 9 laici. Subirono torture, maltrattamenti, imprigionati, quasi tutti finirono i loro giorni nei campi di concentramento, tristemente famosi di Dachau, Auschwitz, Sutthof, Ravensbrück, Sachsenhausen; subirono a seconda dei casi, la camera a gas, la decapitazione, la fucilazione, l’impiccagione o massacrati di botte dalle guardie dei campi. La loro celebrazione religiosa è singola, secondo il giorno della morte di ognuno.
Fra loro ci fu il sacerdote Stanislaw Kubista, nato il 27 settembre 1898 in Alta Slesia in Polonia. Nel 1920 era entrato nella ‘Società del Verbo Divino’, fondata da Sant’ Arnold Janssen (1837-1909), canonizzato il 5 ottobre 2003, sacerdote tedesco con spirito missionario, che fondò ben tre Congregazioni religiose con finalità missionarie.
Stanislaw Kubista fece la professione religiosa solenne il 29 settembre 1926 e fu ordinato sacerdote il 25 maggio 1927; rivestì la carica di Direttore della Casa religiosa Verbita di Górna Grupa.
Fu attivo nell’apostolato anche come giornalista delle riviste “Il piccolo missionario”, “Il tesoro familiare” e il “Messaggero di S. Giuseppe”, santo a cui era particolarmente devoto.
Dopo l’invasione della Polonia, fu catturato dai tedeschi il 5 febbraio 1940 insieme ad altri confratelli e fu trasferito nel campo di concentramento di Sachsenhausen in Germania, dove il 26 aprile dello stesso anno, venne ucciso dal capo-baracca.
Martire della fede, perché la sua morte fu frutto dell’odio fanatico contro i religiosi, tanto più se polacchi.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Stanislaw Kubista e Compagni, pregate per noi.

*Santo Stefano di Perm - Vescovo (26 Aprile)

Velikiy Ustyug, Russia, 1340/1345 - Mosca, Russia, 26 aprile 1396
Nel monastero della Trasfigurazione di Mosca, in Russia, ricorre oggi l’anniversario della morte di Santo Stefano, vescovo di Perm.
Evangelizzò gli indigeni, si industriò nel cercare nuove forme per i caratteri dell’alfabeto, celebrò la liturgia in lingua volgare, distrusse i falsi idoli, costruì chiese e confermò soprattutto la verità della fede. Fu canonizzato dalla Chiesa Ortodossa Russa e, riconosciuto ciò da parte cattolica, è commemorato anche dal Martyrologium Romanum.

Martirologio Romano: Nel monastero della Trasfigurazione a Mosca in Russia, deposizione di Santo Stefano, vescovo di Perm, che per evangelizzare gli indigeni Zyrjani ideò per loro un alfabeto, celebrò la liturgia nella loro lingua nativa, abbattè gli idoli, costruì chiese e soprattutto confermò le verità di fede.
Contemporaneo e amico del celebre San Sergio di Radonez, Stefano nacque tra in 1340 ed il 1345 nella cittadina russa di Velikiy Ustyug, nella zona dei monti Urali a nord est di Mosca in un’area abitata dal popolo zyryani (o permyak), prevalentemente ancora pagani. La sua famiglia, di origine russa, era cristiana: suo padre era corista nella città di Ustiug. Sin da ragazzo Stefano aveva appreso la lingua della tribù ungro-finnica degli zyryani, Dotato di un intelletto brillante, volle sfruttare i suoi talenti per diffondere la luce del Vangelo di Cristo. Divenuto monaco nel
monastero di San Gregorio Nazianzeno a Rostov, vi rimase ben tredici anni, apprendendo il greco, perfezionando la conoscenza delle Sacre Scritture e delle ufficiature ecclesiastiche, elaborando un alfabeto per la lingua zyryana e traducendovi dal greco i testi sacri.
Per dare inizio al suo progetto di evangelizzazione, in spirito di obbedienza monastica, attese la benedizione episcopale, e quindi nel 1379 iniziò con zelo a percorrere la terra di Perm.
I suoi successi iniziali furono in realtà deludenti, a giudicare dall’esiguo numero di seguaci, tuttavia riuscì a edificare per loro una chiesa, presso la quale avrebbe pure fondato un monastero. Iniziò così ad attrarre nuove persone, soprattutto grazie alla bellezza ed al mistero della liturgia. Abile iconografo, iniziò a decorare di persona alcune chiese.
Di fronte ai pochi zyryani che erano stati da lui convertiti e battezzati, Stefano doveva dunque fare i conti con la maggioranza della popolazione diffidente e talvolta apertamente ostile nei suoi confronti. Il punto di svolta della sua missione arrivò quando da solo incendiò un tempio pagano e ne distrusse gli idoli.
Il suo amore per la verità riuscì ben presto a mutare la furia dei pagani in ammirazione, a cui seguì la conversione di quasi tutto il popolo zyryano. All’intransigenza verso il paganesimo, tuttavia, Stefano univa una profonda tolleranza per le persone, e gli ultimi pagani rimasti trovarono in lui un difensore dagli eccessi dei neoconvertiti. Stefano costruì poi altre due chiese, istruendo il popolo alla conoscenza delle Scritture e del culto, attraverso la forma scritta della lingua zyryana che lui stesso aveva ideata. Inoltre, si spese in ogni modo per la formazione e la preparazione di un clero indigeno.
A Perm iniziò a farsi sentire la necessità di un vescovo ed alla sede metropolitana di Mosca si constatò che nessuno avrebbe potuto ricoprire tale carica meglio che lo stesso evangelizzatore di quella terra: Stefano ricevette allora l’ordinazione episcopale nel 1383.
Come vescovo di Perm, con il sostegno attivo del popolo Stefano si rimise all’opera con nuovo entusiasmo, fondando chiese e monasteri, insegnando, assistendo la popolazione nei momenti di maggiore necessità materiale, proteggendola dalla tassazione ingiusta imposta da ufficiali di Mosca e Novgorod e, in un’occasione, guidando una battaglia contro una tribù nemica.
Parecchie volte si recò a Mosca e durante uno dei suoi soggiorni nell’attuale capitale russa morì il 26 Aprile 1396. Ricevette degna sepoltura nel Monastero della Trasfigurazione. Sfortunatamente il lavoro da lui compiuto sulla lingua zyryan non ebbe molto successo ed il suo alfabeto non sopravvisse che in poche iscrizioni, come d’altronde fallì il tentativo di evitare l’omologazione alla cultura russa, sviluppando liturgia e cultura autoctone.
Santo Stefano rimane comunque il più alto ideale di santità per i missionari russi. La sua biografia fu scritta da Epifanio il Saggio, discepolo e biografo di San Sergio di Radonez. Nel 1549 la Chiesa Ortodossa Russa procedette alla canonizzazione di Stefano di Perm, atto riconosciuto anche da parte cattolica, che annovera il Santo nel Martyrologium Romanum nell’anniversario della morte.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santo Stefano di Perm, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (26 Aprile)
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Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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